Agire localmente… evolvere globalmente

Un piccolo estratto dal capitolo 2 del libro Evoluzione Spontanea:

La promessa di una evoluzione spontanea significa nientedimeno che una trasformazione globale. Ma prima di poter riplasmare il nostro ambiente esterno, dobbiamo essere pienamente consapevoli del mondo interiore.

Al di sotto della nostra pelle c’è una brulicante metropoli di cin­quanta trilioni di cellule, ciascuna delle quali è biologicamente e fun­zionalmente equivalente a un essere umano in miniatura. Questa non è soltanto una dichiarazione iperbolica a effetto. Non lo è affatto, per­ché quando vedremo la considerevole somiglianza tra le nostre cellule e noi stessi, inizieremo a imparare alcuni dei processi e delle pratiche che le cellule hanno perfezionato nel corso di miliardi di anni, nonché a intuire come le nostre cellule abbiano creato la coscienza. Diventando più consapevoli sul modo in cui tale coscienza opera all’interno delle cellule, inoltre, possiamo imparare a scrivere le nostre limitate credenze in questo momento cruciale dell’evoluzione umana.

Il sapere convenzionale afferma che il destino e il comportamento dei cittadini cellulari che abitano dentro di noi sono preprogrammati nei loro geni. Da quando i biologi molecolari James Watson e Francis Crick hanno scoperto il codice genetico nel 1953, alla gente è stata inculcata la percezione che l’acido deossiribonucleico, o DNA, acquisito dai nostri genitori al momento del concepimento determina i nostri tratti e caratteristiche specifici. La visione convenzionale della genetica ci ha inoltre fatto credere che i nostri programmi genetici ereditati siano fissi e immutabili come un programma di computer di sola lettura.

L’idea che il nostro destino sia indelebilmente inciso nei nostri geni è derivata dall’ormai obsoleto concetto scientifico noto come determi­nismo genetico, che vorrebbe farci credere che siamo vittime di forze genetiche fuori dal nostro controllo. Sfortunatamente, presupporre la propria impotenza è una strada a senso unico verso l’irresponsabilità personale. Troppi di noi hanno detto: «Be’, in ogni caso non ci posso far niente, quindi perché dovrei preoccuparmene? Sovrappeso? È di famiglia. Passami le caramelle».

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